NEGLI ANNI ’80, quando giocavo a rugby, il gioco era molto più statico. Il placcaggio a quei tempi era un gesto a sé stante, plastico e autoreferenziale. Chi lo eseguiva si attardava e inchiodava a terra il portatore di palla tenendogli le gambe. Il placcato a sua volta, resisteva a terra e spesso sequestrava il pallone senza mollarlo a nessuno.
Il raggruppamento che subito si formava era un’ammucchiata felice, tipo Asterix e i Galli qui sotto.
OGGI il regolamento obbliga a velocizzare al massimo il gioco e a ridurre i tempi di immobilizzo per cui il placcaggio è la fiera dei TARANTOLATI… Il placcatore, appena cade a terra deve lasciare l’attaccante e rotolare via veloce, allontanandosi dal punto del placcaggio. Chi invece è placcato deve lasciare la palla subito libera mettendola, se possibile, a disposizione dei compagni.
Come un petardo che scoppia. “SBAM” e tutti in piedi…
Non può essere proprio così, lo sappiamo, ma queste regole hanno modificato tantissimo l’approccio e le dinamiche del placcaggio . Ne consegue una piccola rivoluzione mentale per i giocatori che devono oggi “fare qualcosa in più” dopo il placcaggio.
Quando spieghiamo la tecnica del placcaggio legandola al gioco serve enfatizzare sin dal minirugby, l’esigenza di continuità e urgenza del Rugby moderno. In altre parole non basta placcare, o almeno il placcaggio è l’opportunità di un turn over (riconquista del pallone). Una frattura nell’azione di gioco di attacco che va trattata con furbizia e decisione.
Se sei il placcatore devi subito rotolare via, tornare sulle gambe e vedere cosa fare, per esempio ritornare in possesso della palla, se è libera, dopo che il placcatore ha dovuto lasciarla. Da placcato cercare subito di mettere a disposizione la palla, passandola a un compagno ancora prima di cadere o mettendola a terra a disposizione girandoti verso la tua metà campo.
Nella carta qui sotto vediamo ricordata la regola di lasciare la palla, a cui abbiamo aggiunto quella di rotolare via del placcatore. E una piccola “furbizia” che vediamo spesso sui campi da gioco. Il giocatore placcato che “si allunga” oltre la linea di meta con le braccia anche se è a terra. In questo modo invece di liberare la palla “FA META”.
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